Hai mai sentito parlare di neuropackaging?
Probabilmente no, ma di certo, anche solo inconsciamente, ti accorgerai di conoscere già questo ambito del branding a livello intuitivo.
Il neuropackaging è infatti l’arte – o meglio ancora la scienza, con precise regole e studi approfonditi – di creare il packaging perfetto.
Anche solo da acquirente, dunque, non puoi che aver già fatto la sua conoscenza.
Pensa infatti quante volte hai comprato un articolo solo perché sei rimasto colpito dalla sua confezione.
Un packaging efficace non è solo bello a livello estetico ma deve essere anche estremamente funzionale: deve infatti saper attirarti, farti capire immediatamente se un prodotto fa per te e richiamare la tua attenzione in mezzo a molti altri prodotti.
Ma adesso è giunto il momento di sondare più a fondo questa grande risorsa di neurodesign: potrebbe esserti utile non solo come acquirente, ma soprattutto per il prodotto del tuo brand.
I principi del neuropackaging si possono applicare sia a brand nuovi che a rebranding innovativi, volti a dare un twist alla presentazione del proprio prodotto.
E in questo articolo scenderemo sempre più nel dettaglio alla scoperta del neuropackaging.
Imparerai ciò che c’è da sapere su questa disciplina innovativa quanto fondamentale per creare il packaging perfetto, così da riuscire arrivare non solo a un pubblico più ampio ma soprattutto al pubblico più in linea con i tuoi obiettivi, quello più affine al tuo prodotto, che potrà più facilmente fidelizzarsi alla tua azienda.
Pronto? E allora iniziamo!
Cosa significa neuropackaging
Per prima cosa: cosa signifiva neuropackaging?
Cominciamo dalle basi: le parole packaging e cervello già di per sé possono darti un’idea dell’argomento che stiamo trattando.
Le neuroscienze vengono infatti in aiuto ai designer attraverso sempre più settori, con tecniche sempre più avanzate e raffinate con un fine comune: far scegliere il proprio prodotto al consumatore al posto degli altri che gli fanno concorrenza.
È quindi una questione di sensi e di tempo, come tratteremo più nel dettaglio tra poco.
In pochi istanti il tuo potenziale acquirente dovrà scegliere proprio il tuo prodotto, tra tanti, escludendo tutti gli altri: in base a quali elementi potrà essere spinto a fare questa scelta? Cosa lo dovrà colpire del tuo packaging? Quali ragionamenti farà, in pochi secondi, per arrivare alla sua decisione di acquisto?
A tutte queste domande ci risponde proprio il neuropackaging che, insieme al neurobranding e al neuromarketing, ha l’obiettivo di aiutare i brand a rendere il proprio marchio e il proprio prodotto più efficace e più attraente di quello dei competitor, influenzando a livello inconscio le decisioni di acquisto dei potenziali acquirenti.
Ovviamente il packaging non è tutto: per il successo di un prodotto è anche fondamentale la qualità del prodotto stesso.
Ne consegue che anche a livello aziendale sia inevitabile essere portati a scegliere di investire anche in questa tipologia di strategie di marketing, proprio per non rischiare che ciò che si vuole offrire al mercato possa venire penalizzato per qualcosa che è invece così facilmente migliorabile.
L’importanza di un packaging efficace
Ma perché il packaging è davvero così importante? Non è “solo” la confezione di un prodotto, che in molti casi viene buttata nel cestino dell’immondizia non appena arrivati a casa?
Assolutamente no. È molto di più. Si tratta della veste del tuo prodotto, il biglietto da visita del tuo brand, attraverso il quale presenti al mondo la tua creazione. Non è certo una cosa da poco!
Ma non solo. Molti packaging infatti, a seconda del prodotto che si vuole vendere, sono anche fondamentali a livello funzionale e la loro praticità e fattura può compromettere il futuro delle tue vendite.
Facciamo un piccolo esempio pratico.
Immaginiamo che tu abbia creato una nuova bibita. Anche se hai immesso sul mercato la bevanda più buona del mondo, se la confezione si aprirà (o si richiuderà) in modo scomodo, è molto probabile che l’acquirente – con l’offerta vastissima che c’è al supermercato – sceglierà un brand diverso la volta successiva.
Opterà quindi per la funzionalità rispetto alla qualità del prodotto.
Ma come abbiamo accennato, un packaging efficace non è efficace solo per la sua praticità.
Il suo ruolo entra in gioco già prima dell’acquisto, quando il cliente si trova davanti a uno scaffale pieno di prodotti tutti simili tra loro e non potendone testare subito la qualità, deve affidarsi all’unica cosa che può fare in quel momento: valutare il packaging.
Un packaging, per essere efficace, deve quindi essere accattivante, attraente, spiccare tra i tanti prodotti sugli scaffali – anche virtuali –, chiamare l’attenzione del potenziale acquirente, insomma… farsi scegliere senza esitazione!
Se il tuo prodotto è ottimo ma si presenta con un pack anonimo o fuorviante, una grande fetta della tua potenziale clientela sfumerà.
E come fare per raggiungere questo obiettivo? È proprio qua che entra in gioco il neuropackaging.
Ma in che modo le neuroscienze si prestano per lo studio dei diversi packaging, incrementandone le potenzialità?
Scendiamo più in profondità.
Packaging e neuroscienza
Abbiamo finora capito quanto sia importante creare un packaging il più possibile perfetto.
Creare un packaging migliore possibile è infatti un vantaggio sia per il venditore, che avrà successo nella sua impresa, sia per l’acquirente, che sarà felice di essere riuscito a individuare ciò che cercava e non vedrà l’ora di riacquistarlo.
Ed è qui che si inseriscono gli studi di neuroscienze, che determinano in modo preciso cosa attrae maggiormente non solo l’occhio, ma tutti i cinque sensi, alla ricerca di un mix tra intuito ed emozione che porti a desiderare un prodotto rispetto a un altro in pochissimo tempo.
È stato scientificamente provato, infatti, che le scelte del nostro cervello sono praticamente immediate e per noi quasi completamente inconsce grazie ai marcatori somatici che decidono al posto nostro, stabilendo attrazione o repulsione a livello emozionale da cui difficilmente potremmo discostarci… e che motivo ne avremmo?
Per queste scelte “di pancia” il nostro cervello usa la sua parte più atavica e irrazionale, che non si può aggirare in nessun modo.
Grazie alle neuroscienze, però, tutto questo si può perlomeno rilevare con esattezza – cosa non da poco – grazie all’uso dell’elettroencefalogramma (EEG), che può misurare l’attività cerebrale per capire se per la persona sottoposta all’esame c’è stato o no un gradimento del prodotto.
Scegliendo, per esempio, un minestrone surgelato, per il cervello del consumatore è questione di un istante etichettarne uno come “non buono”, un altro come “poco sano” e un altro ancora come “non di qualità”.
È davvero questione di pochi istanti.
I meccanismi del cervello sono tanto innumerevoli quanto sottili, determinati da incognite di ogni tipo. Il neurodesign è alla ricerca di un pattern comune il più possibile universale e applicabile alle scelte di grafica, forme e materiali dell’involucro di un prodotto che sta per essere messo in commercio.
Uno degli studi più utilizzati per questa finalità è sicuramente l’Eye-tracking.
Si tratta della misurazione a infrarossi dei movimenti oculari (ben 60 volte al secondo) per evidenziare in quali punti di un’immagine c’è più incidenza visiva e quindi quali aree e colori sono più d’impatto, per tenerne conto durante la progettazione del packaging.
Unito agli studi sensoriali, è quindi un aspetto fondamentale dello sviluppo di un packaging efficace.
Un altro metodo utilizzato è il Galvanic-Skin-Responce (GSR), atto a registrare la reazione emotiva tramite impulsi elettrici.
Le implicazioni che stanno dietro a una scelta così immediata come quella di un acquisto sono innumerevoli, e come abbiamo visto coinvolgono la parte più istintiva e irrazionale di noi.
Ne consegue che le scelte che ruotano intorno ai 5 sensi sono altamente implicate nello studio di un packaging.
Vediamo come.
Come viene presa una decisione d’acquisto attraverso i 5 sensi
Tutte le tecniche scientifiche che abbiamo appena elencato sono relative alla percezione umana.
I 5 sensi, quindi, sono al centro di tutta la questione.
Come coinvolgerli il più possibile in modo efficace?
Grazie al neurodesign è ormai risaputo che la scelta di un prodotto avviene in maniera immediata. Si stima infatti che avvenga in meno di 8 secondi. È necessario, dunque, agire su ciò che può stimolare il cervello in pochissimo tempo.
E l’ideale è proprio con colori, forme e immagini che vadano a stimolare le nostre aree più sensibili, garantendo una risposta emotiva positiva.
La vista, come abbiamo analizzato poco fa, è l’organo di senso ovviamente più coinvolto.
Nella progettazione di un packaging è essenziale che il prodotto spicchi tra gli altri, ma che resti anche fedele al proprio stile e logo se si tratta di un brand famoso: in questo caso deve prima di tutto essere sempre riconoscibile.
Per stimolare l’apprezzamento sensoriale ed emotivo è stato scoperto che è sempre meglio vertere su forme tondeggianti, che vengono inconsciamente percepite come rassicuranti.
Diverse forme decretano anche l’idea di qualità o quantità che può farsi un potenziale cliente: forme anomale appaiono più capienti, così come forme cilindriche invece che rettangolari danno l’idea di un contenuto di maggior pregio.
Gli studi sull’Eye-tracking hanno anche rilevato che le immagini scelte, per esempio su un’etichetta, sono importantissime: la figura umana è sempre notata facilmente, e grazie alla teoria dei neuroni specchio può generare un senso di empatia e imitazione.
Anche il colore è fondamentale in ogni strategia di marketing e nel neuropackaging questo appare ancora più evidente.
Il colore infatti genera emozioni ed è proprio una disciplina che viene studiata dalla psicologia dei colori applicata al marketing.
Ecco ad esempio un’infografica molto conosciuta nel settore che spiega i sentimenti evocati da ogni colore principale e quali marchi lo hanno adottato.

L’equilibrio cromatico e la scelta del colore giusto nei punti chiave della confezione fanno tantissima differenza per quanto riguarda le reazioni del nostro cervello più ancestrale.
Come scegliere quindi i colori giusti?
In realtà non esiste nessun colore sbagliato ma possono esistere colori o abbinamenti sbagliati in base a ciò che un brand vuole comunicare come primissima impressione.
Un certo prodotto può necessitare di un abbinamento armonico per comunicare serenità e semplicità grazie al suo utilizzo, oppure di colori accesi o complementari per trasmettere energia e dinamismo. Si può anche scegliere un monocromatico zen oppure un elegante bianco e nero a seconda della situazione.
In generale, poi, ogni ambito commerciale ha i suoi colori più usuali: colori caldi per il cibo, i verdi per gli acquisti nell’ambito bio e green, scala di azzurro per i prodotti di pulizia… ma sono regole che possono sapientemente essere infrante proprio per spiccare sui prodotti concorrenziali.
Sempre se si sa come farlo.
Anche il tatto, naturalmente, vuole la sua parte: è molto meglio toccare un libro che “sa di artigianale”, magari leggermente ruvido, rispetto a uno che appare stampato in modo palesemente industriale. La percezione di cura del prodotto può variare davvero con pochi dettagli.
Ma anche una texture strana e mai vista in un certo prodotto può senz’altro stimolare l’interesse e, quindi, trasformarsi in un possibile acquisto più facilmente. In negozio, ad esempio, saremo più facilmente attratti e indotti a prendere e toccare proprio quel pezzo, facendo la sua conoscenza a discapito degli altri articoli.
Come si misura l’efficacia di un packaging
Come scoprire, una volta scelto il packaging per il proprio prodotto, se sta andando bene oppure no?
Oltre ai dati di vendita, gli specifici test di neuromarketing che abbiamo preso in esame poco fa, come elettroencefalogramma, Eye-tracking e Galvanic-Skin-Responce, forniscono dati concreti, e sono dedicati a prevedere se un packaging è efficace e quindi idoneo alla vendita, o ha bisogno di ulteriori revisioni.
Queste misurazioni sono necessarie sia prima della vendita che dopo l’uscita di un prodotto: nel primo caso per presentare un articolo al top delle sue potenzialità, e nel secondo per verificare che si siano fatte effettivamente delle scelte efficaci e per correggere o tarare meglio eventuali errori.
Esiste anche il benchmarking, ideato per paragonare il proprio prodotto con i prodotti simili e concorrenti che finiscono sullo stesso scaffale.
Il confronto tra packaging è una strategia importante anche nelle prime due fasi elencate: prima della messa in vendita si possono infatti comparare più varianti diverse di packaging per uno stesso prodotto, e dopo un periodo di vendita si possono mettere a confronto versioni vecchie e nuove.
Molte aziende per dare un boost alle proprie vendite ricorrono al rebranding anche per attirare un pubblico più specifico, tarato meglio in base ai dati di mercato.
Si può per esempio creare una collezione temporanea in linea con il trend del momento, dove sarà inevitabile voler andare a modificare qualcosa del packaging classico per stimolare la curiosità del target ideale.
Se per esempio un vecchio modello di scarpe anni ’90 sta tornando di moda, un brand può decidere di lanciare una nuova linea con diverse varianti con stile, logo e packaging sì riconoscibili ma con qualche innovazione, magari una nuance di colore in voga in quel periodo, un tocco metallico od olografico, un nome aggiunto al marchio principale grazie a una collaborazione… insomma, qualcosa che sottolinei la storicità del brand ma con un tocco in più.
Esempi di neuropackaging
Sicuramente anche tu, nel corso della tua vita, ti sei imbattuto in packaging che hai ritenuto fantastici e funzionali oppure scomodi e sgradevoli, sia tra marchi storici che tra nuove uscite.
Per fare alcuni esempi di neuroscienze applicate in modo efficace al mondo dei packaging sicuramente si può prendere in considerazione il pacchetto Happy Meal di McDonald’s: una semplice porzione di fast food per bambini imballato, però, con una maestria unica tra confezioni di cartone colorato tondeggianti e deliziose, disegni sempre nuovi più un gadget in omaggio.
Quasi ogni bambino ne è inevitabilmente attratto rispetto a qualsiasi altra opzione! Oltretutto è un packaging unico nel suo genere e super riconoscibile.
È il caso anche delle Pringles, le patatine confezionate in un comodo e simpatico cilindro, a differenza dei soliti sacchetti, per spiccare tra tutti gli snack e preservare anche l’integrità delle singole chips.
Per quanto riguarda invece il mondo delle collezioni temporanee non si può non citare il marchio Estathé: il più famoso e imitato tè in bric con la storica e pratica cannuccia da inserire sulla pellicola di chiusura, che da qualche tempo ha optato per un packaging più sostenibile: la cartuccia è infatti di cartone per stare al passo con la rivoluzione green, che ogni estate oltre ai suoi gusti classici propone numerose varianti di gusto, colorando i bric e le bottiglie con colori e grafiche innovative ma sempre restando fedele al suo stile.

Oppure, cambiando settore, possiamo citare il grande marchio Gucci.
Oltre al suo branding classico, Gucci sa associare diverse collaborazioni perfette per coccolare al meglio i collezionisti di alta moda, creando collezioni a doppio marchio che fondono le grafiche di Gucci con quelle del brand scelto, come ad esempio Balenciaga o The North Face, senza comunque snaturare lo stile di nessuno dei due.
La shopper in cartone che l’acquirente ottiene con l’acquisto ne è l’esempio perfetto: da un lato è identica a una shopper Gucci mentre dall’altra rispecchia lo stile del marchio in collaborazione, per regalare un doppio piacere di acquisto e sfoggio del logo, cosa particolarmente ambita dall’acquirente che desidera mostrare la sua passione per lo shopping di lusso.
Questo è un esempio di esaltazione della gratificazione data dallo shopping, sia essa estetica come nel caso dei loghi, o meramente funzionale, la quale è un aspetto fondamentale in tutti gli ambiti perché un cliente torni ad acquistare più e più volte.
Come realizzare un packaging efficace
Ma come realizzare un packaging efficace?
Durante questo percorso abbiamo toccato alcuni aspetti fondamentali da considerare, che ora riassumiamo insieme per una maggiore chiarezza:
- Efficacia. Il packaging deve per prima cosa esaltare il suo contenuto a livello funzionale, per essere fruito al meglio e apprezzato dall’acquirente
- Empatia. La progettazione della confezione deve parlare soprattutto al cuore, all’istinto e alla “pancia”, perché chi decide per il sì o no rispetto a un acquisto è la parte primordiale del nostro cervello (EEG e GSR)
- Semplicità. Chi passa davanti a un prodotto nella corsia di un supermercato o si imbatte in centinaia di items online ha poco tempo e deve capire di cosa si tratta in fretta (Eye-tracking)
- Unicità. Per lo stesso motivo, il tuo prodotto deve anche spiccare tra tutti gli altri e apparire di qualità migliore (psicologia del colore, scelte di immagini e texture)
- Gratificazione. Acquistare il tuo prodotto dev’essere prima di tutto una soddisfazione e un momento di piacere da concedersi già nei momenti che precedono l’acquisto e l’apertura del prodotto.
Conclusioni
Ora conosci tutto ciò che sta alla base del neuropackaging, ossia la scienza che sta dietro al mondo delle confezioni.
Le regole sono complesse e numerose, ma il loro fine è la semplicità: sul percorso verso un packaging vincente, come abbiamo visto, vale quasi sempre la formula del less is more.
Sicuramente avrai presente diversi packaging efficaci come altri meno interessanti e se gestisci un brand o hai intenzione di intraprendere questo viaggio ti starai sicuramente chiedendo come potenziare al massimo questo aspetto, che è assolutamente centrale per il successo della tua impresa.
Vuoi realizzare un packaging efficace attraverso l’utilizzo della neuroscienza? Allora contattaci: saremo felici di aiutarti!